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Quando un luogo scompare, di Rosaria Gasparro
“Noi siamo quello che ricordiamo,
il racconto è ricordo
e il ricordo è vivere”
Mario Luzi
Forse in pochi conoscono un pezzo di storia del teatro nel nostro paese e del luogo ormai scomparso che ospitava situazioni ed eventi a quella attività naturalmente connessi: l’anfiteatro.
Nel 1994 prese forma, nel nostro paese, il Gruppo di ricerca e di sperimentazione teatrale che mise in scena Voci e silenzi. Sempre in quell’anno, come teatro scolastico, con il lavoro Konsumif , siamo stati tra i finalisti del Concorso nazionale di Teatro Natura ad Arrone in Umbria.
L’esperienza si consolidò l’anno successivo con un progetto di formazione della Gioc e l’evoluzione nel gruppo teatrale “A sud del tempo”. Una ventina di ragazzi cercarono nel teatro un modo libero e creativo per crescere insieme, un percorso diverso per rendere più autentico il proprio esistere. Sono nati diversi spettacoli e rassegne, una di fine primavera “Qualcosa di nuovo nell’aria” e una settembrina, legata alla tradizione di quel tempo, “Impressioni di settembre”.
Il primo anno di formazione e di messa in scena ha visto la produzione di opere legate agli scrittori locali: Lu ciucc ca vule (dalla poesia del maestro Ciccio Azzarito) e Sardinia (dal racconto del professore Vincenzo Palmisano di una storia vera avvenuta nelle contrada della Sardella).
Sono seguiti negli anni successivi Nel nome di un genere, spettacolo legato al pensiero della differenza, da Virginia Woolf a Luce Irigaray; Ёnderr e madhë (Il grande sogno) che si ispirava alla migrazione albanese e alla tragedia del venerdì santo, quando la nave italiana Sibilla speronò la carretta albanese Kater I Rades e cento persone, perlopiù donne e bambini, persero la vita.
E ancora Gliene canto, spettacolo di denuncia del fenomeno del caporalato e Viaggio meridiano, un viaggio nel “Sud e magia” di Ernesto De Martino e nel “Pensiero meridiano” di Franco Cassano.
Questo è stato l’ultimo lavoro di “A sud del tempo” che, dopo la perdita di Maria Laura Macelletti e la migrazione lavorativa e intellettuale degli altri attori, non ha più avuto l’energia per continuare.
In questi anni i ragazzi del gruppo teatrale hanno potuto usufruire gratuitamente di una formazione con registi e attori di prestigio, come Renata Mezenov, attrice e ballerina cubana, gli attori-antropologi di Teatro 90 movimento e i Ladri di frittelle. Con il regista Salvatore Tramacere del gruppo dei Koreja, dopo aver seguito per un anno i nostri ragazzi, abbiamo realizzato Teatrù, il teatro tra i trulli, un’esperienza sotto forma di stage intensivo di scambio culturale con un altro gruppo di attori di Lecce. In quell’occasione una quarantina di giovani attori per una settimana hanno lavorato insieme nelle nostre campagne e allestito Molto rumore per nulla di Shakespeare.
Furono gli anni in cui l’anfiteatro divenne un punto di riferimento a livello provinciale per gli appuntamenti teatrali, musicali e culturali che offriva e che richiamava dal circondario un pubblico interessato e personalità autorevoli del settore, tra cui il regista Carlo Formigoni, l’attrice Pia Watcher e il regista Robert McNeer. Con un certo anticipo sui tempi, si sono tenuti concerti di musica jazz, etnica e popolare, con gruppi oggi conosciuti a livello internazionale, come Roberto Ottaviano Quintet, i Ghetonia, i Mediterranea, i Cantaiatra, i Uaragnaun, con protagonisti di quella che sarebbe stata negli anni a venire La notte della Taranta, come Uccio Aloisi, Enza Pagliara, Giorgio Di Lecce. Alcune delle maggiori compagnie pugliesi come i Koreja, il Kismet, il Teatro delle Vigne hanno tenuto in quell’anfiteatro alcuni dei loro spettacoli, tra cui una prima nazionale.
Le rassegne di quegli anni includevano anche eventi legati al teatro in vernacolo, con compagnie che provenivano dai diversi comuni della provincia, la cui messa in scena avveniva in Piazza Marconi.
Nell’ambito scolastico sono nate, negli anni successivi, due compagnie: Le Zanzare che hanno messo in scena Gli uccelli di Aristofane e Il Teatro del Vento che ha prodotto Girotondo, cambia il mondo, ultimo spettacolo messo in scena all’anfiteatro. D’allora i lavori degli anni successivi: La buona novella, Heliantus e Pinocchio si sono tenuti nei locali scolastici.
Altre rappresentazioni sono state Santa Lucia, Gezunte nesiy-Lacio drom (Buon viaggio), spettacolo per la giornata della memoria, e Ajere, dedicato alla storia della nostra comunità.
Tutti i lavori della compagnia “A sud del tempo” sono stati presentati in diverse rassegne della provincia, a Ceglie Messapica, Mesagne, Latiano, Francavilla, Ostuni, Martina Franca. Siamo stati invitati a portare lo spettacolo Ёnderr e madhë presso l’Università di Tirana. Anche due produzioni scolastiche sono state presentate fuori dal nostro territorio: a Cisternino e a “La luna nel pozzo”. Il Direttore Scolastico Regionale Giuseppe Fiori ci propose una tournée fuori dalla nostra regione per far conoscere la qualità del nostro lavoro, proposta di non facile attuazione per l’impegno che richiedeva e per le risorse umane che bisognava mobilitare.
Questa disamina vuole strappare all’oblio un pezzo di storia culturale e sociale, forse misconosciuta ai più, sicuramente un’avanguardia per quel tempo. Oggi sento, insieme a tanti di quei protagonisti, la cancellazione di un luogo, di un’esperienza, patrimonio di una sensibilità sicuramente non maggioritaria, ma comunque esistente. I ruderi vanno trattati tutti con la stessa dignità di beni culturali da valorizzare e da far rivivere. Se la stessa logica avesse interessato altre rovine del territorio, come la facciata della Chiesa di Pompei, lo stesso borgo Ajeni, non avremmo perso per sempre una parte importante di noi stessi?
I luoghi sono espressione di chi li usa, di chi ne ha cura, di chi li abita. Quando un luogo si abbandona, lentamente si degrada. Quando un luogo si degrada vuol dire che l’attenzione è rivolta altrove. Quando l’attenzione è rivolta altrove, non vuol dire che ciò che non rientra nel nostro sguardo non abbia valore.
“Abitare” dovrebbe diventare un atto sacro di custodia. Un atto che non si finisce mai d’imparare e che riguarda tutti, nessuno escluso.
D’altronde la cultura è il luogo del riconoscimento, luogo abitato da soggetti che si riconoscono, riconoscono se stessi e riconoscono gli altri, entro una comunità.
Rosaria Gasparro
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