Time – Pink Floyd (di Chiara Nisi)
E tu sbrindelli e sciupi le ore per strade fuori mano
Gironzolando per un angolo della tua città
Aspetti che qualcuno o qualcosa ti mostri la via.
Stanco di giacere alla luce del sole, di stare a casa a guardare la pioggia
Tu sei giovane e la vita è lunga e c’è ancora tempo da sprecare oggi.
Ma poi un giorno scopri che dieci anni sono trascorsi
Nessuno ti aveva detto quando muoverti, hai perso lo sparo del via.
E corri e corri per raggiungere il sole ma sta tramontando
Correndo in circolo per emergere nuovamente dietro di te
Il sole è lo stesso in maniera relativa, ma tu sei più vecchio
Fai respiri più brevi
E sei un giorno più vicino alla morte.
Ogni anno sta diventando più breve, sembra di non trovare mai il tempo
Progetti che l’un l’altro si risolvono in nulla o in una mezza pagina
Di righe scribacchiate.
Aspettare in una quieta disperazione è alla maniera inglese.
Il tempo se n’è andato, la canzone è finita, pensavo di avere qualcosa
Ancora da dire…
Casa, casa di nuovo
Mi piace essere qui quando posso.
Quando torno infreddolito e stanco
E’ bello riscaldarmi le ossa accanto al fuoco.
Lontano attraverso i campi
Il rintoccare delle campane di ferro
Richiama i fedeli a stare in ginocchio
A sentire le magiche formule sommessamente parlate.
Nel 1973 i Pink Floyd lanciarono questa melodica ammonizione, affinché l’uomo non perdesse lo ‘sparo del via’, non si rendesse conto troppo tardi dello scorrer del tempo, dei sorrisi allargati, delle barbe lunghe, delle dolci rughe, degli amori di passaggio, dei valori talvolta immortali.
Il pessimismo, addolcito dalla melodia, segretamente è gravido di speranza. The Dark Side of the Moon cullava molti temi sull’esistenza, sulla corsa alla vita, sulla staffetta delle esperienze, poi sulle scelte (Breath, Us and Them…): quando il tempo diventa selezione e la vita un’iniziazione alla facoltà di preferire, circa le persone e le cose.
Il tempo va allora curato, accudito, non si tratta solo di servirsene, ma di saperlo usare senza abusarne o sopraffarlo. Vuol dire sapersi formare al meglio, spremendo tutto quel che di buono da lui viene e farne elisir di lunga vita, armonia immortale. Vuol dire riuscire a forzare con delicatezza l’ingranaggio che dà la carica al carillon delle nostre giornate scandite. Chi al meglio lo gestisce allora forse lo supera. “ Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci sarà più” aveva scritto Fëdor Dostoevskij. Pare che sia tutta una questione intima, qualcosa che si deve essere abili a plasmare dentro, un monologo filosofico che porta alla serenità dell’anima e che riesce ad andare contro il tempo. Sarà il famoso midnight sun.
Le nostre giornate, a pensarci, si sacrificano al tempo, seguono la sua volontà e ne creano il riverbero sulla vita: ogni esperienza ha la sua alba ed il suo tramonto, ogni età le sue stagioni, noi stessi danziamo al ticchettio dell’esistenza. Ecco che la protezione ed il riguardo verso il suo scorrere diventa amore per noi stessi. Il ciclo non è cambiato dai primordi ai nostri giorni e nel suo mistero noi continueremo a scorrere. Il testo della canzone trova la sua conclusione generando un pensiero che dipinge il rifugio, il senso di serenità che sfida la frenesia della vita e per un attimo ci riporta a casa e l’affannoso pensiero del tempo ormai fa eco; l’immagine è cupa e al contempo rincuorante e questa antitetica capacità rispecchia al meglio il pensiero di noi uomini, vulnerabile e spaventato da quel che è stato e che sarà ‘Casa, casa di nuovo. Mi piace essere qui quando posso. Quando torno, infreddolito e stanco, è bello riscaldarmi le ossa accanto al fuoco. Lontano attraverso i campi. Il rintoccare delle campane di ferro richiama i fedeli a stare in ginocchio, a sentire le magiche formule sommessamente parlate’. Il bisbiglio e il grigiore chiudono la melodia in maniera ovattata. E fu subito sera direbbe Quasimodo.
Intanto le parole continuano a fluire su questo foglio e il tempo accompagna anche la mia scrittura. Il ‘naufragare’ in questo mare sembra dolce.