IL MIO DIZIONARIO (di Vincenzo Palmisano) – 32^ parte

MEMORIALE

A don Antonio Chionna, che 50 anni fa, nello stabilimento tipografico dell’amico editore Nunzio Schena in Fasano vide nascere “Il Punto”, ancora vivo, rigoglioso e aperto a nuovi orizzonti.

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La Provincia di Brindisi, in campo editoriale, e purtroppo in molti altri campi, è sempre stata una cenerentola.

L’unico vero editore che ha varcato i confini locali è stato Nunzio Schena. Quando penso a lui, con gli occhi dell’immaginazione, lo vedo ragazzo che in bicicletta corre verso Ostuni per imparare in una tipografia i primi rudimenti dell’arte della stampa con i caratteri mobili. Poi lo vedo da vicino e nella realtà seduto dietro la scrivania nel suo bellissimo e modernissimo stabilimento di Fasano ai bordi del viale che conduce alla stazione e che oggi porta il suo nome. E mentalmente rivivo il giorno in cui, per le sue benemerenze, gli fu conferita la cittadinanza onoraria della Città Bianca. Un omaggio più che meritato se si pensa che aveva pubblicato i libri di quasi tutti gli scrittori ostunesi e di moltissimi forestieri.

Non essendo questa una ricerca esaustiva ma un semplice memoriale, mi limito a ricordare solo le opere di tre autori non ostunesi. E sarà chiaro perché.

“La parola antica-La parola nuova-La parola difficile, Autobiografia di un italoamericano” di Joseph Tusiani, pagine 989, in tre volumi.

E’ la storia di un giovane di San Marco in Lamis (Foggia) che nel 1947 va negli Stati Uniti per conoscere il padre emigrato che non ha mai visto. Rimane in America, impara l’inglese, diventa ordinario di Letteratura italiana nella Hale University di Nuova York, traduce i classici italiani, scrive e pubblica poesie in italiano, in latino, in inglese e nel dialetto del paese di origine.

Un’opera e un destino emblematici del drammatico fenomeno emigrazione-immigrazione altamente istruttivo e di bruciante attualità.

“Viaggiatori francesi in Puglia dal Seicento al primo Novecento” di Giovanni Dotoli e Fulvia Fiorino.

Un’opera monumentale in sei corposi volumi, riccamente illustrata con disegni e foto d’epoca di straordinaria bellezza, che nel 1987 si aggiudicò il premio Storia dell’ex Cassa Rurale e Artigiana di Ostuni.

“Viaggiatori russi in Puglia dal Seicento al primo Novecento” di Gerardo Cioffari  (1990), un tuffo incredibile nei secoli passati, che ci fa vedere come erano allora i nostri paesi e i nostri avi e come gli stranieri ci vedevano e ci giudicavano.

( Da “Memorial tour a volo d’uccello sull’Editoria pugliese”, per la Unitre di Ostuni 2019 )

XILELLA

Com’era il Salento nel 1700  avanti xilella?.

Lo scopro leggendo il ”Diario di viaggio nel Salento” dell’inglese di Bristol Henry Swinborne effettuato nel 1777-1780, il quale così lo descrive parlando degli uliveti di Gallipoli.

L’ulivo viene qui accudito con le cure più amorevoli, e niente viene lasciato intentato per aumentarne la fruttuosità, o rinverdire le piante che cominciano a risentire della decadenza dell’età. In inverno, i contadini mettono a nudo le radici dei vecchi alberi, vi depongono un sottile strato di letame, e le lasciano così, per quattro mesi ad assorbire i sali ristoratori dell’atmosfera. Pochi olivi hanno un tronco principale: perché tutti i germogli predominanti vengono presto tagliati, cosicchè ogni ramo possa godere dei raggi solari allo stesso modo. Alcuni agricoltori rimuovono soltanto la terra vicina all’albero; altri arano tutti gli interstizi, e hanno dei raccolti vantaggiosi, anche se a detrimento delle piante di ulivo. In questa provincia, il frutto non viene né battuto per farlo cadere dall’albero, né raccolto, ma rimane  fin quando non cade perché maturo.

Più che una descrizione, è una “fotografia” in bianco e nero di una potenza evocativa straordinaria che, collegando il passato remoto al nostro devastante presente, induce ad amare e profonde riflessioni sul bruciante fenomeno della xilella. Un dramma sul quale non cala mai il sipario.

Intanto l’invisibile killer, imperterrito e indisturbato, continua a sputare veleno e a seminare morte e desolazione tra i nostri sacri ulivi.

E ora, dopo tanti studi, ricerche, esperimenti e fugaci parole, ci si chiede: cosa fare per fermare la desertificazione del territorio?.

Chissà-mi chiedo io- se scendessero dalle vette del Parnaso cosa penserebbero di noi  lo scrittore latino Columella e il poeta latino Virgilio, che proprio sull’agricoltura scrissero, il primo il trattato “De rustica” e, il secondo il poema “Georgiche”?.

Di certo, se rinascesse , il viaggiatore inglese Swinburne direbbe: tornate alle buone pratiche! Fate quello che facevano gli olivicultori  gallipolini del 1700!.

Sarà un paradosso, ma il futuro sta nel passato.    …basterà?

ARIA FRITTA

Si dice aria fritta  per dire : niente.

Invece l’aria di questa feroce estate è aria arrostita alla brace.

Vincenzo Palmisano

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