DIALETTO (di Vincenzo Palmisano)

All’inizio di febbraio “Midiesis” mi ha portato  in casa la voce di Rocco D’Urso, e per la prima volta ho ascoltato da remoto, come si dice adesso, alcune sue poesie in dialetto sanmichelano.

Alla fine  di questo breve, inaspettato e godibile reading, ho pensato: dopo la pionieristica e importante attività poetica dialettale del professore F. Azzarito, finalmente a San Michele c’è ancora chi ama e vuole raccontare in versi il proprio vissuto e quello altrui usando il dialetto locale.

E quindi,  bene ha fatto Rocco a mettere in vetrina le sue poesie e a declamarle.

Ora, però, dovrebbe riversarle in un CD, perché i dialetti, compreso quello di San Michele Salentino, sopravviveranno e non moriranno inghiottiti dalla globalizzazione solo se quelli che verranno dopo di noi avranno a disposizione la traduzione in italiano dei versi  e potranno ascoltarli con la pronuncia corretta, registrata, di chi il dialetto lo ha succhiato con il latte materno.

Per chiudere, auguro lunga vita al nostro dialetto ascoltando da un vecchio vinile e traducendo dal siciliano in italiano questi famosissimi versi del grande poeta di Bagheria Ignazio Buttitta:

Un populu
mitittulu a catina
spugghiatulu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.

Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unni mancia
u lettu unni dormi,
è ancora riccu.

Un populu,
diventa poviru e servu,
quannu ci arrobbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.

Toglietegli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.

Un popolo,
diventa povero e servo,
quando gli rubano la lingua
avuta in dote dai padri:
è perduto per sempre. ( … )

Vincenzo Palmisano

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