GHIACCË (di Edmondo Bellanova)
Tutto nasce dalle sollecitazioni che creano la lettura del “Mio Dizionario” del prof. Vincenzo Palmisano. Questa volta lo spunto mi è dato dalla splendida definizione del termine “ghiaccio”.
Mentre leggevo, i ricordi si rincorrevano, accavallavano; si mescolavano in immagini della mia fanciullezza e mi è piaciuto rivedermi nell’acquistare 10 lire di ghiaccio, a mezzodì di un’assolata giornata d’estate; correre, verso casa, in strade deserte, per evitare che quel pezzo di ghiaccio si sciogliesse prima d’essere sistemato nella brocca di vetro, dalla quale mescere acqua fresca.
Rivedo gli enormi blocchi, ricoperti da sacchi, che Jangelë dë li perë (Palmisano), custodiva nella sua buia rivendita di vino in via Dentice.
Ma “ghiaccio” mi ricorda anche le granite che gustavamo da Lorenzë di Martinuddë nel suo bar di Piazza Dante. Ghiaccio tritato, irrorato da coloratissime essenze che Lorenzo mesceva da bottiglie con elegantissimo beccuccio-distributore in metallo. Mentre ci si accaldava e si sudava giocando a calcio-balilla era veramente una goduria rinfrescarsi al dolce ghiacciato della granita che, se consumata con avidità, arrivava, con una fitta, dritta alla testa.
Prima ho detto di “brocca”, ma avrei potuto scrivere: boccale, orciolo, caraffa, bricco; ho provato a ricordarne la definizione in dialetto sanmichelano e sono venuti a galla: Vucàlë, bucàlë, ruzzulë, vrocchë, ma queste definizioni si riferiscono a recipienti in creta con beccuccio e un manico, usato per mescere liquidi.
Rimane non definito il nome di quel cilindro in vetro con manico e beccuccio che faceva bella mostra di se al centro del tavolo con su il candido tovagliolino merlettato che proteggeva la limpida acqua presa dalla fontana.
Ringrazio, qui, gli amici che su Facebook hanno partecipato al tentativo di ritrovare il termine dialettale della brocca e vi invito tutti a non far morire il “sanmichelano”.
Sanmichelesalentino16novembre2020edmondobellanova
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La mia madre lo chiamava:bucale cullu ghiacc.