DON ANTONIO CHIONNA, nei ricordi di Vincenzo Palmisano

L’ultima volta che l’ho sentito è stato sabato 11 aprile, per fargli gli auguri di Pasqua. Gli ho chiesto: come stai?, e mi ha risposto: sto male, e la sua voce era così lontana, fioca e sottile che ho compreso solo le ultime parole: ricambio l’abbraccio a te e a tua moglie.

Lunedì mattina mio fratello Fernando mi ha comunicato da San Vito  che don Antonio non c’era più, e una ondata di melanconia e di tristezza mi ha investito.

Ora risento perfettamente la sua inconfondibile voce di prima, e sono tante le cose che vorrei dirgli ma, per l’emozione, non riesco a dirne nessuna.

Allora provo a scrivere, e la piena dei ricordi mi travolge.

Ricordo il suo primo Consiglio di classe, a San Michele. Mi colpirono la durata dell’incontro e la maniera di gestirlo. Alla fine, mentre uscivamo dall’aula, mi tornarono alla mente le parole della pedagogista Laura Serpico Persico, che dalle pagine della rivista “Scuola e didattica” ripeteva: quando sento che un consiglio di classe dura più di un’ora, penso che la verbosità prevale sulla sostanza e sulla concisione.

Don Antonio era così, come il Preside e il Dirigente sognato dalla Serpico Persico. Era così non solo nella scuola, ma anche nella quotidianità. Non amava i fronzoli, aborriva la retorica, in ogni cosa andava dritto al cuore del problema, un sognatore realista, un realizzatore dinamico, pragmatico. Basta rileggere i suoi editoriali asciutti, brevi, “fulminei e fulminanti”, nel volume che li contiene, per comprendere appieno la sua forte personalità. Ed è proprio vero che lo stile è l’uomo.

La Scuola media di San Michele, dopo la rinuncia per motivi familiari a dirigere un liceo del Nord, è stata la sua seconda casa.

Ricordo i giorni frenetici che precedettero il trentesimo anniversario della nascita della scuola, la festa e l’arrivo di tutti i Presidi che lo avevano preceduto. La scuola non era più quella che loro avevano conosciuto, prima sparsa e allogata in case private, poi il prefabbricato e infine l’edificio in muratura.

Una delle tante sue realizzazioni fu la Bottega della ceramica con annesso forno di cottura, dal quale, grazie alla manualità e alla innata creatività dei ragazzi guidati dal docente scultore Cosimo Giuliano, uscivano piccoli capolavori, che poi venivano esposti al pubblico nella Sala consiliare del Comune, in occasione della Rassegna d’arte di fine anno.

Importanti furono anche la Biblioteca, faticosamente allestita nel Salone a piano terra della Scuola, che iniziava i ragazzi alla scoperta e alla frequentazione di un mondo sconosciuto qual è un ricco patrimonio librario,  e la Sala televisiva intitolata al grande scultore sanmichelano Cosimo Carlucci, quale preludio a un Cineforum per ragazzi.

Un’altra sua bellissima creatura fu il varo e la pubblicazione de “L’antenna”, una piccola rivista illustrata che per la prima volta raccontava il Paese visto dai ragazzi e che conteneva e conserva articoli di alunni che crescendo hanno confermato e coltivato il proprio talento.

“Il fascino della carta stampata”, così intitolò don Antonio il suo editoriale del n. 2 della neonata rivista scolastica.

Ed era lo stesso fascino che lo spinse a fondare il mensile “ Il Punto”, un monumento alla informazione e alla cultura locale.

Famose le sue battaglie in difesa dell’ambiente e del patrimonio culturale non solo di San Vito.

Pungolo e coscienza critica, che ogni paese dovrebbe avere, questo dissero di lui l’indimenticabile professore Vitilio Masiello e il giornalista Raffaele Nigro  ( cittadino onorario di San Vito ).

Un elogio dell’uomo che si spende e opera per il bene comune.

Un ultimo ricordo. Vieni- mi disse una mattina a scuola. Dobbiamo andare all’Asilo. E mi portò alla Scuola materna accanto alla Villa comunale. Entrammo, e mi colpì vederlo attorniato dai bambini, vocianti e festosi. Lo guardavano come se fosse un gigante, e lui rispondeva a quegli sguardi con una tenerezza indicibile.

Gli anni trascorsi a San Michele sono stati gli anni più intensi della Tua vita. I sanmichelani Ti hanno voluto e Ti vogliono bene, per tutto quello che di buono e di bello  hai fatto per la crescita del paese, e la loro gratitudine è racchiusa nella Cittadinanza onoraria che con una deliberazione ammirevole l’Amministrazione comunale guidata da Sandrino Torroni, Ti conferì.

Carissimo don Antonio, la Tua amicizia è stata anche per me un dono grandissimo. D’ora in poi non sentirò più la Tua voce, ma Tu continuerai a parlarmi.

Ciao.

Vincenzo Palmisano

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