TRULLI (di Edmondo Bellanova)

Con la nuova sistemazione dello studio e ancor più con l’intestazione ”Trulli candidi“ Domenico Biondi (Il diavoletto) mi ricorda una combattutissima disputa avuta anni fa con il professor Stefano Cavallo, pittore sanmichelano vissuto a Milano (nella pinacoteca di Ceglie Messapica ci sono un paio di suoi quadri).

Lui ritraeva i trulli colorandoli spesso di bianchi ora bruciati dal sole, ora riposanti alla luce del tramonto. Il bianco si presta ad accentuare gli splendidi contrasti cromatici dei suoi quadri dove la materia è profusa con generosità (a spatolate) per dare forza, decisione, determinazione a qualunque cosa da lui ritratta: cieli, terra, ulivi, trulli, caseddë, porte, finestre stracci stesi al sole e scorci di case, vie e piazze dei nostri centri urbani.

Io continuo a vedere i trulli nello splendore del loro grigio di pietre secolari, estratte a forza di braccia degli aridi e duri terreni delle nostre contrade, colonizzate da generazioni di licheni e muschi, cotte al sole, levigate dal vento e della pioggia. Grigi, con i soli “tittle” e “rizzë” e interni imbiancati di bianca calce con la costanza dei contadini, usi alle fatiche dei poveri e, contemporaneamente, orgogliosi d’avere la loro abitazione pulita e linda. Grigi, come la dura vita alla quale tanti nostri antenati sono stati condannati dalla miseria, dalle ingiustizie e dalle malattie. Trulli grigi che tutti hanno abbandonato non appena è stato possibile vivere nel paese, emigrare o trovare lavoro alla Montecatini o all’Italsider.

Grigi e non sepolcri imbiancati, pieni di morte; ma vivi e pieni  di gente, animali e povere cose: bambini scalzi , mamme allattanti, nonni raccontanti.

Ora, per la verità, grazie all’interesse per questi manufatti, unici in tutto il mondo, suscitato nei “forestieri” in cerca di “particolarità”, i trulli stanno rivivendo una nuova giovinezza, si rimettono a nuovo, si ristrutturano, si abbelliscono e tornano a vivere ed essere vissuti. Gli eccessi, le contraddizioni, la ricerca dell’esotico e la moda d’avere piscine ollivudiane sono ben compensati dal recupero del patrimonio ambientale comunque garantito.  Allora, tra gli ulivi secolari e per i tratturi, finalmente definiti da muretti di pietre a secco, si rivedono spuntare i perfetti i coni di chiancarelle con sopra i personalissimi pinnacoli frutto della fantasia di maestri trullari.

Sempre più spesso, per ovvi motivi di costi, si vedono trulli intonacati dal basso in alto e il bianco che, per fortuna è ancora l’unico colore utilizzato, rende queste pietre sempre più simili ai dolci ricoperti di glassa di zucchero (gileppë) che rendono quasi fiabesche le nostre campagne. Ecco, quel tuo “candido” mi fa pensare proprio ai sospiri con in punta frutta coloratissima frutta“candita”.

Sanmichelesalentino16maggio2019edmondobellanova

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