IL MIO DIZIONARIO (di Vincenzo Palmisano) – 12^ parte

FELICIZIA

Sta per entrare nei dizionari della lingua italiana una parola nuova: FELICIZIA.

E’ stata creata quasi per sbaglio, intrecciando due vocaboli, felicità e amicizia,  da una bimba cinese di nome Lucia, e indica un luogo di Torino in cui ogni giorno lei e altri 200 bambini di 25 nazionalità diverse si incontrano, studiano l’italiano, giocano, fanno teatro, svolgono varie attività e, stando insieme, convivono serenamente.

Questa nuova parola è talmente bella, originale e significativa che il Presidente della Repubblica Mattarella, citandola, l’ha solennemente presentata all’immenso pubblico televisivo quando, in un passaggio del suo discorso di fine anno ha detto: ”Qualche settimana fa a Torino alcuni bambini mi hanno consegnato la cittadinanza onoraria di un luogo da loro definito FELICIZIA per indicare l’amicizia come strada per la felicità: un sogno, forse una favola. Ma dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell’infanzia. Come se questi valori non fossero importanti nel mondo. In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società”.

EVOCARE-EVOCATIVO

Quando leggo la parola pulizia, immediatamente penso a un indimenticabile direttore del settimanale “Famiglia cristiana”.

Il quale, quando un suo giornalista gli consegnava l’articolo che aveva scritto per sottoporlo al suo giudizio, gli diceva: ”PULITO!”, e basta.

Ed era quell’aggettivo solitario il suo “Mi piace”, il suo 110 e lode con dignità di pubblicazione, espresso con il massimo della stringatezza.

GRAMMOFONO

Indimenticabile compagno della perduta giovinezza e disc-jockey appassionato e appassionante di valzer e tanghi argentini.

Anni remoti, quasi preistorici.

La TV non c’era, il cellulare non esisteva, le discoteche non erano state ancora inventate.

E noi ballavamo sotto le volte a stella delle ”bodiniane” case di calce del sud sanmichelano.

PITTIRRINA

La prima volta che il bimbo sentì questa parola, e non la dimenticò più, fu quando il nonno, appena tornato dalla campagna, gli disse: Oggi ti ho portato una bella cosa.

E subito dopo entrò in cucina, si sbottonò la camicia e, svuotandola, inondò il tavolo di ciliegie.

Il nonno, non avendo a portata di mano un paniere o una busta, aveva trasformato la camicia in un singolare contenitore che il nipotino non aveva mai visto.  E’ questa una parola del vernacolo sanmichelano che, dopo essere caduta in disuso, sopravvive, nascosta e silente, solo nella memoria di chi la sentiva e la pronunciava quando, in un passato remoto, era sulla bocca di tutti.

Dal latino pectus-pectoris (petto)?.

DICKINSON

In questi giorni sto rileggendo Emily Dickinson.

In una lettera dell’estate 1874 la immortale poetessa americana, subito dopo il decesso del padre, scrive: “Ora babbo non sta più con noi, sta in una casa nuova. Benchè  sia stata costruita in un’ora è migliore di questa. Non ha giardino, perché vi è andato quando i giardini erano ormai finiti, così gli portiamo noi i fiori più belli, e se sapessimo che lui lo sa, forse riusciremmo a smettere di piangere”.

Ancora una volta mi ha colpito la essenzialità quasi  epigrammatica della sua scrittura.

Le parole ”e se sapessimo che lui lo sa, forse riusciremmo a smettere di piangere” bastano da sole a esprimere il mistero, il  segreto, l’ignoto dell’Aldilà.

PING-PONG

—–E’ un artista a tutto tondo, mi piace.

……..Ma che dici?, è magro come un’acciuga!.

RIFIUTI

Caro Bauman,

Altro che società liquida!.

Questa è la società dei consumi che rischia  di soffocare sotto il peso insopportabile dei rifiuti.

Vincenzo Palmisano

( continua )

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