A proposito della xylella fastidiosa (la nuova malattia degli ulivi)

Pubblichiamo di seguito le considerazioni di un nostro concittadino, Stefano Prete, sul problema Xylella:

Prima di entrare nella presentazione del mio studio sulla xylella mi presento a quelli che leggeranno queste righe. Mi chiamo Stefano Prete, ho 54 anni e sono di San Michele Salentino. Di professione faccio l’agricoltore ma nel profondo sono alchimista: inventore e scopritore, un dono che mi è stato dato da madre natura.

Il mio modo di studiare il problema della xylella ha avuto un percorso diverso da tutti gli altri. Sono partito dall’idea che la soluzione della malattia la si deve cercare sulla stessa pianta, quindi la stessa pianta ha in sé il rimedio alla malattia. Quindi bisogna ricercare sulla stessa pianta.

Ho trovato la soluzione in modo facile nel momento in cui ho compreso che c’è un solo insetto, la cosiddetta cicalina, che infetta la pianta mentre gli altri no. Quindi osservando che gli altri insetti sono innocui, cioè non pericolosi per questa malattia, mi è stato facile dedurre che l’antibatterio è presente nel frutto (inteso nel suo sviluppo completo dal fiore al frutto).

A queste mie conclusioni manca la parte sperimentale (assolutamente necessaria) che dimostri questa affermazione. Io non sono in grado di sperimentare in quanto (per mia fortuna) non ho piante infettate su cui sperimentare questa mia tesi né ho un laboratorio attrezzato che mi permetta di fare degli esperimenti.

La mia idea è quella di creare una rete di persone interessate all’argomento, alla sperimentazione, al confronto sui risultati per dare la possibilità a tutti di trovare un rimedio naturale che faccia bene alle piante ma anche all’ambiente, rispettoso della natura.

Dal mio punto di vista tutti i frutti hanno in sé la soluzione del problema anche se bisogna sperimentare quale è più efficace rispetto agli altri.

Altra piccola precisazione: se si usa un frutto per l’esperimento (esempio il caffè) è opportuno tener conto che deve essere usato allo stato naturale, quindi prima di ogni manipolazione per l’uso alimentare. Dagli esperimenti fatti ho notato che il caffè tostato è un buon concime foliare per cui è un ottimo veicolante.

Ogni contributo di riflessione e di sperimentazione è molto gradito. Ritengo che solo se tante persone contribuiscono si può arrivare ad una soluzione pratica in breve tempo.

Stefano Prete (https://www.facebook.com/profile.php?id=100009464952502)

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