IL MIO DIZIONARIO (di Vincenzo Palmisano) – 8^ parte
SPECCHIOLLA
Ai tempi della tendopoli delle prime vacanze estive di massa a Specchiolla, quando il villaggio moderno non era ancora nato. Quando Specchiolla era famosa per le triglie di scoglio che profumavano di mare, il pesce una volta alla settimana arrivava in macchina anche a San Michele.
Il banditore con voce stentorea e a colpi di tamburo diffondeva la notizia dell’arrivo agli angoli delle strade.
In pochi minuti due cavalletti, un’asse di legno e una bilancia trasformavano il marciapiede dell’edificio della scuola elementare prospiciente il Bar degli Amici in una pescheria all’aperto.
Rivedo i polpi, le alici, li naccarieddi, i ricci folti di aculei, le razze larghe e piatte, la iridescente fragaglia.
Una festa per gli occhi e l’invito all’acquisto ripetutamente gridato.
E per un giorno, il verde Adriatico e Specchiolla sotto il blu cobalto del cielo non erano un luogo lontano.
SANDWICH
Libri sandwich. Sono i libri della mia biblioteca che contengono e custodiscono tra le pagine articoli e recensioni che riguardano la vita e le opere dei loro autori ritagliati da quotidiani, settimanali e riviste nel corso degli anni.
Una sorta di rassegna stampa che ha la radice nella convinzione che letteratura e giornalismo sono parenti stretti. Entrambi cibo per la mente e lo spirito.
E’ bello e sorprendente aprire uno di quei volumi imbottiti e trovare, per esempio, un articolo piegato, stirato e sottolineato degli anni ’60 o ’70, come spesso mi capita.
Lo rileggo, ed è come incontrare, dopo tanti anni, un amico che viveva lontano, che ora, rievocando il passato, rispolvera episodi e particolari significativi che io avevo dimenticato.
DIPSOMANIA
Una sera Capasone- così lo chiamavano tutti in paese- dopo aver bevuto fino alla feccia uscì dalla cantina ubriaco fradicio.
Lentamente si incamminò, percorse le strade deserte zigzagando, barcollando, aggrappandosi a se stesso per non cadere, e finalmente arrivò a casa.
Bussò, ribussò, picchiò, urlò, chiamò, ma la porta, come tante altre sere, non si aprì.
Allora stramazzò sul marciapiede e lì rimase a russare sotto le stelle fino allo smaltimento della sbornia.
Così, grazie alla ostinata fermezza della moglie Concetta, Capasone guarì da quel morboso e irrefrenabile desiderio di bere alcolici, che i medici con una parola difficile chiamano dipsomania.
NOCCHINO
Una sera mi telefona da Roma un amico di infanzia. Ridendo di cuore, mi dice che ha letto il mio racconto “Gli anni di Papa Nnine”, al secolo don Giovanni Carella, in cui ripercorro le tappe salienti della sua vita di parroco a San Michele. E vuole condividere con me la gioia di averlo rivisto, come se ancora fosse vivo, nell’antica chiesa di pietra odorosa di incenso. Anche lui non ha mai dimenticato il nocchino (in dialetto Kikl) del famoso sacerdote della nostra infanzia – adolescenza.
Un colpo dato con le nocche della mano chiusa a pugno sulla testa di noi chierichetti indisciplinati. Il nocchino arrivava all’improvviso, fulmineo e inesorabile, e provocava un forte bruciore, senza lasciare un merco. Una sua specialità infallibile ed efficace per intimare il silenzio e riportare la calma.
SCRIVERE
Scegliere e mettere in fila parole che stiano bene tra loro. E con noi.
FANTASY
A “Un marziano a Roma”
Di Ennio Flaiano
Domandò:-La nostra, secondo lei, è una società liquida, una società di mer(da), una società immediata, una società dei consumi, una società dei rifiuti?
No- rispose l’alieno arrivato da Marte al giornalista che lo intervistava. La vostra è una società senza freni, destinata a schiantarsi.
_ No. Contro un muro?.
_Contro se stessa.
E dal declino al disfacimento il passo è breve.
SUBLIMINALE
E’ il messaggio della pubblicità che, senza che tu te ne accorga, ti ipnotizza e, trasformandoti in un automa, ti spinge a comperare quello che lei vuole che tu comperi.
PIAZZA VIRTUALE
Logomachia, cacofonia, cafoneria.
INVECCHIARE
Portare la macchina in officina un giorno sì e l’altro pure.
SOCIETA ‘ LIQUIDA
Dove ogni giorno si rischia di annegare.
Vincenzo Palmisano
(continua)
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CHICLË
Con timore mi rivolgo al prof. Vincenzo Palmisano per il rispetto che egli merita per l’estremo garbo, educazione e signorilità con la quale scrive, parla, vive e perché so di confrontarmi con l’autorità culturale per eccellenza del mio(nostro)paese.
Ma, senza perdermi in altri ghirigori, vengo al dunque e a quel “ kikl” che il professore cita nell’ottava parte de “Il mio dizionario” “quale mezzo infallibile ed efficace per intimare il silenzio e riproporre la calma”.
Ora stare a rimpiangere l’efficacia di certi mezzi educativi mi sembra del tutto superfluo; m’interessa, invece, definire il segno grafico e consonantico del termine.
“Kikl” mi sembra troppo riferibile a una locuzione straniera ed anche di difficile lettura e pronuncia; d’altronde Tommaso Nobile, nel suo monumentale Dizionario del Dialetto Ostunese, traduce in “chèchërë” il termine italiano “nocchino” ed anche Maccarella, Perlangèli e Salamc nel Dizionario Dialettale del Salento non usano mai la “K” ma solo il gruppo “ch”.
Anche il nostro compaesano ins. Cosimo Balestra nella sua, non allegra, ” Esumazione del linguaggio di San Michele Salentino caduto nell’oblio” riporta “chicl’.
Io, nel dizionario nel dialetto sanmichelano, che da tempo m’impegna nel tentativo di non perdere il ricordo di suoni e parole ormai del tutto sconosciute ai giovani, uso il termine: chiclë.
Sperando di non aver guadagnato “nu chiclë” per aver fatto tanto chiasso; ringrazio il prof.Palmisano per avermi fatto rivivere l’atmosfera dell’antica “Chiesa Madre, con il suo pavimento in pietra, l’odore d’incenso e lo spiluccare i resti delle ostie preparate da mia zia Vitantonia emi auguro una sua risposta…
sanmichelesalentino20settembre2018edmondobellanova
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