Elio e l’arte tessile del Novecento (di Vincenzo Palmisano)

Vincenzo Palmisano

L’11 settembre scorso, alle ore 18,30, nel salone d’onore della Triennale di Milano gremito di invitati arrivati anche dall’estero, si è svolta la presentazione della mostra “ Intrecci del Novecento- Arazzi e tappeti di artisti e manifatture italiane”.

Subito dopo è stato presentato il monumentale volume-catalogo ad essa dedicato: uno scrigno di 480 pagine e 550 illustrazioni, prezioso per chi voglia esplorare un mondo fascinoso ancora tutto da scoprire.

Frutto, tutto questo, dello spessore culturale e delle capacità organizzative del noto gallerista di Milano Moshe Tabibnia, studioso di arte tessile antica, aperto al moderno e all’originale, e dono della bravura e della raffinata sensibilità di Virginia Giuliano.

All’inaugurazione della mostra ha partecipato, accolto da lunghi applausi di stima e di affetto, il celebre critico d’arte, scrittore, pittore e docente universitario di estetica Gillo Dorfles.

Il quale, dall’alto dei suoi 107 anni, ha esaltato il valore e il vigore dell’arte italiana e ha sottolineato l’eccezionalità di questa mostra che, con le opere esposte e i giudizi critici di approfondimento contenuti nel volume, colma una lacuna e affronta finalmente il tema dell’arte tessile del Novecento, poco studiata e ancora poco conosciuta.

Tra le opere esposte ci sono quelle realizzate da Elio Palmisano, esperto di arte contemporanea e medaglia d’oro del Comune di Milano per meriti culturali.

Il suo atelier di arte tessile, a detta degli ideatori dell’evento, “ha rappresentato una delle poche isole italiane ad aver dato vita ad una così imponente collezione di arazzi d’artista”.

Di lui, mio fratello gemello, e della sua attività così scrivono due giornalisti che lo conoscono, Virginia Baradel e Mina Ronchi.

Dice Virginia Baradel:

“Elio Palmisano, appassionato ed esperto di arte contemporanea, apre nel 1962 la Galleria dell’Incisione a Milano, in via della Spiga, occupandosi di artisti d’avanguardia. Nel corso di una ricerca in ambito futurista entra in contatto con le figlie di Giacomo Balla, Luce ed Elica, e ha modo di vedere i progetti di arazzi elaborati da Balla e rimasti del tutto ignorati. La vista di tali progetti suscita in lui un grande interesse e il desiderio di portarli a compimento. Balla, durante la sua vita, vide realizzato un solo esemplare dell’arazzo Fiore+ spazio, tramite l’interessamento di un armeno che viveva a Roma e che fece eseguire il disegno dell’arazzo a Ismir, in Turchia.

Palmisano iniziò allora una serie di viaggi in quei paesi dove è così cospicua e antica la tradizione di tappeti e di arazzi. Visitò la Turchia, appunto, ma anche la Romania, l’Afghanistan, il nord del Pakistan, il Kashmir e la Cina. Fu anche in Iran e in Irak, ma questi due paesi erano , in quegli anni, troppo chiusi e inaccessibili. Approfondì le varie tecniche e i metodi di lavoro. Si soffermò a lungo apprendendo, sul posto, una cultura specialistica e cercando di capire se e come fosse possibile adattarla alle esigenze delle forme espressive dell’arte contemporanea.

In Kashmir, ad esempio, visse per quaranta giorni insieme a tessitori locali: venne messo a parte dei loro segreti, della varietà delle soluzioni tecniche ed egli illustrò loro i linguaggi degli artisti europei, studiando assieme la natura operativa di quelle forme in versione di arazzo. Tale reciproco scambio di “segreti”, in realtà di culture molto diverse e lontane, portò alla realizzazione dei suoi primi arazzi. Là furono realizzati i prototipi degli arazzi di Kokoschka, di Tobey e di Malevic. La conoscenza delle tecniche della tessitura andava di pari passo, infatti, con la ricerca dei bozzetti originali degli artisti, in particolare dei” grandi vecchi” delle avanguardie storiche ancora viventi, con cui Palmisano stabiliva rapporti di amicizia e di fiducia a partire proprio dall’oggetto della sua ricerca: i bozzetti di arazzo.

Nel frattempo aprì un’arazzeria in Italia, nei dintorni di Saronno, con tre telai a mano fatti costruire appositamente da artigiani fiorentini. In seguito conobbe a Mortara una nobildonna che possedeva dei monumentali telai degli anni Venti praticamente inutilizzati, se non per qualche lavoro su disegni tradizionali eseguito su ordinazione, in particolare per il Vaticano. Si trattava di telai fissi, di grandi dimensioni, veri reperti di archeologia industriale. Si accordò dunque per poterli utilizzare e realizzò alcune tra le opere più importanti, come quelle di Balla, di Severini, di Dorazio, di Nespolo, che non si sarebbero potute realizzare in nessun altro modo.

Tale esperienza ebbe termine nel 1991, mentre continuò ancora per qualche anno l’arazzeria di Saronno. Andavano aumentando, infatti, le difficoltà di reperire manodopera specializzata ( ci fu un periodo in cui provò a introdurre a quel lavoro ben cinque apprendisti ogni mese ), via via che il pensionamento o altre prospettive di lavoro allontanavano i vecchi tessitori.

Fu così che nel 1994 Palmisano si trasferì nel Grossetano, dove le condizioni ambientali e culturali gli consentono di continuare a dedicarsi a quella particolare attività nata dal connubio tra telaio e arte che è l’arte tessile.

Di certo, realizzare oggi un arazzo come quello di Kokoschka è del tutto impensabile: è diventato pura utopia ciò che solo vent’anni fa è stato fatto con grande entusiasmo e ottimi risultati”.

Dice, infine, Mina Ronchi:

“Erano gli anni Settanta e la concezione di fare opere d’arte tessili poteva definirsi nuova. La produzione classica degli arazzi, infatti, non aveva mai attinto a disegni di artisti.

Ci voleva molto coraggio a puntare tutto su una nuova forma d’arte. Bisognava essere certi di poter contare su una perfetta esecuzione e  su una totale fedeltà al disegno originale.

Con la collaborazione di Barbara Martini, dell’Istituto d’arte di Firenze ( che dopo qualche anno sarebbe andata ad insegnare la tessitura alla corte di re Hussein di Giordania ), Elio personalmente insegnò la lavorazione degli arazzi al personale assunto nell’atelier di Guanzate ( Como ), e successivamente in quello di Saronno ( Varese ).

Nel giro di un decennio Palmisano riuscì a introdurre l’Italia nel mercato internazionale dell’arazzo e del tappeto legato all’arte contemporanea.

Oggi gli arazzi e i tappeti di Elio Palmisano possono essere ammirati nei più importanti musei del mondo: un arazzo su disegno di Klee si trova alla Fondazione Klee di Berna; due arazzi di Oskar Kokoschka si possono vedere l’uno al County Museum di Los Angeles, l’altro al Museo del XX secolo di Vienna; Fiori+spazio di Balla ( 1918- 1968 ) si trova alla Permanente di Milano; un arazzo di Kupka è esposto al Museo d’Arte Moderna di Parigi. E numerosissime sono state le mostre in importanti Gallerie di tutto il mondo, come il Grand-Palais  di Parigi, l’Art Expo di New York, il Wash Art di Washington, La Modern Art Gallery di Monaco e la Westend Galerie di Francoforte”.

Vincenzo Palmisano

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